Dopo averne viste e sentite, lette e
soprattutto sperimentate tante, sono giunto all'irrevocabile
decisione di ritener degno di qualcosa di più d'una sprezzante
alzata di spalle solo chi, tra la sempre nutrita genia dei sedicenti
maestri, operatori e quant'altro, riesca a dimostrare un minimo di
maturità nella propria consapevolezza fisica.
Sia ben chiaro, non è certo mia intenzione pretendere competenze tecniche eccelse, o livelli di propriocezione
strabilianti, mi basta poter notare con sufficiente certezza la
presenza di una qualche forma di “presa a terra”, che possa dare
un valore reale alle sempre (teoricamente) valide chiacchiere
messe in circolazione.
Per quanto sia ovvio che non a tutte le
persone, per colpa di svariati fattori, come l'età o le ferite che
inevitabilmente si è costretti a portarsi dietro, è dato di poter
dimostrare facilmente quanto da me richiesto, è come minimo
impensabile che chi si riempie la bocca di tanti bei discorsetti sia
assolutamente sganciato dal proprio corpo.
E' impensabile dal momento che, com'è
noto, il corpo conserva la memoria del dolore patito e manifesta il
livello e la qualità dell'energia, anche spirituale, e di
conseguenza un'insufficiente consapevolezza di questi meccanismi non
può non smascherare brutalmente anche il conferenziere più
scaltrito, perché dimostra la sua incapacità di applicare nel
concreto le implicazioni di ciò di cui va cianciando.
Come si può aver la faccia tosta di
predicare alla gente come fare per “guarire se stessi”,
“eliminare la “negatività” o “purificare l'aura”
(qualunque cosa venga intesa per “aura”) quando addirittura il
proprio modo di camminare è un gesto di rifiuto del mondo, in
particolare della Terra?
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