23.12.13

R.i.p m. Ma Hong

Grave lutto nel mondo del Tai Ji Quan, e delle arti marziali cinesi in generale. Si è spento ad 86 anni il Maestro Ma Hong, allievo di Chen Zhaokui e unanimemente considerato uno dei più importanti insegnanti della passata generazione, nonché uno stilista impeccabile. La sua esecuzione della  Xinjia era infatti impeccabile, ed espressa ad un livello difficilmente eguagliabile.
Per quel che mi riguarda, per quanto solo qualche briciola dei suoi insegnamenti sia potuta giungere a me attraverso il m. Flavio Daniele, e rimpianga profondamente di non essere riuscito ad incontrarlo di persona, non smetterò certo di considerarlo un punto di riferimento luminoso, seppur lontano.
Onore a lui, e che il suo riposo sia sereno.

24.9.13

Biosalus Festival 2013 Urbino 5-6 ottobre

Cortile



Anche quest'anno parteciperò con piacere al BIOSALUS FESTIVAL di Urbino, diretto da Florido Venturi.
Terrò un intervento presso il cortile del Collegio Raffaello DOMENICA 6 alle ore 17, dal titolo: "GENERARE, TRASMETTERE, SCARICARE: il NEI GONG e lo sviluppo della FORZA INTERNA" .
Ovviamente vi aspetto...

per ulteriori informazioni, www.biosalusfestival.it

Corsi 2013-14 ORARI a partire da Ottobre AGGIORNATO




Finalmente ecco il dove e il quando dei corsi di NEI GONG e TAIJIQUAN stile CHEN che inizieranno a partire da Ottobre 2013:

Pergola (PU)

 Martedì ore 18e30-20 e Venerdì ore 20-21e30


Cagli  (PU)

 Giovedì ore 20-21e30

c\o le sedi della Scuola di Danza Movimento e Fantasia


Ancona

Sabato ore 10e30-12

c\o Shaktyogaclub via Scrima 81 (zona P.le Camerino) 








 A breve le notizie sui seminari e gli altri corsi in programmazione.

Per ulteriori informazioni, contattatemi attraverso il modulo del blog oppure attraverso la pagina Facebook.






20.9.13

"Saper come fare il gesto appropriato nella maniera corretta e nel giusto momento cosmico: questa è la Magia sacra. In questo modo, e spesso inconsciamente, noi siamo dei Maghi.
La Sapienza consiste nel sapere come esserlo consapevolmente
."


R.A. Schwaller de Lubicz- Il miracolo egiziano

17.9.13

Corsi2013-14 Tai Ji Quan e Nei Gong ad Ancona -info & programma

Corso di introduzione alla pratica del Tai Ji Quan dello stile Chen e al Nei Gong.

Programma:


1. Nei Gong per lo sviluppo della Forza Interna (Nei Jin)


Per la persona media, “addomesticata” dalle comodità moderne o da una vita troppo sedentaria, pretendere di dedicarsi al Tai Ji Quan senza aver adeguatamente preparato il proprio corpo significa, nella migliore delle ipotesi, votarsi a una pratica sterile e potenzialmente infruttuosa. Per questo, è fondamentale affiancare a quello del Tai Ji lo studio delle antiche metodiche “interne” per allenare il Nei Jin, ovvero la Forza Interna secondo le sue tre tipologie: elastica, a spirale ed esplosiva.


2. Gli Otto Cancelli del Tai Ji Quan


Ciò che sono per la musica le note musicali, per il Tai Ji Quan lo sono i cosiddetti “Otto Cancelli” (Ba Men) , che corrispondono agli Otto Trigrammi (Ba Gua) del Libro dei Mutamenti e alle otto Forze (jin) fondamentali, ovvero: Espandersi\Parare, Ritirarsi, Premere, Spingere, Tirare, Dividere, Colpo di Gomito e Colpo con il Corpo.
Questi, insieme ai Cinque Passi (Wubu)rappresentano il vero e proprio alfabeto del Tai Ji Quan, senza conoscere il quale è assai difficile comprendere il significato e l’applicazione delle figure delle forme.


3. Introduzione allo Stile Chen


Noto anche come stile del “Colpo di cannone”, si tratta del primo Taijiquan storicamente documentato. Fondato dal generale Chen Wangting (1600-1680), è uno stile vigoroso, caratterizzato dall’alternarsi di movimenti veloci e lenti, dall’uso della forza a spirale e dall’esplosività delle tecniche, ed è particolarmente indicato per chi cerca l’aspetto “marziale” della pratica.
Durante il corso si studieranno in un primo momento le figure 1-5 della Prima Forma (Ti Yi Lu) in 83 movimenti, che verranno ripetute nei quattro punti cardinali. Solo dopo che gli studenti avranno raggiunto un’adeguata comprensione si proseguirà con le figure successive.


4. Basi del Tui Shou


Il Tui Shou, o “mani che spingono” è l’esercizio a due che permette di verificare il livello raggiunto nella comprensione degli Otto Cancelli del Tai Ji Quan nonché di mettere alla prova le abilità sviluppate attraverso lo studio del Nei Gong e della forma. È inoltre alla base del San Shou o “mani libere”, ossia lo studio del combattimento, che comprende Jijifa (applicazione dei movimenti) e Paida (tecniche di condizionamento).

Le lezioni si svolgeranno il sabato mattina dalle ore 10 e 30 alle 12 presso la sede dello Shaktyogaclub in via Scrima 81 ad Ancona.







12.9.13

Shaktyogaclub Open Days 2013


In occasione degli OPEN DAYS 2013, che si svolgeranno sabato 21 e domenica 22 settembre presso lo SHAKTYOGACLUB di Ancona, terrò una lezione aperta sul concetto di APRIRE e CHIUDERE (Kai/ He) e sull'ELASTICITA' INTERNA nella pratica del Tai Ji Quan. 

La lezione inizierà DOMENICA 22 alle ore 11,45 , e sarà anche occasione per presentare il NUOVO CORSO di TAIJIQUAN e NEI GONG che partirà a ottobre sempre presso lo Shaktyogaclub .

Qui il programma : http://www.shaktyogaclub.it/opendays.php

Vi aspetto!

8.9.13

Corsi 2013-14 PREVIEW



 


Ecco la bozza del nuovo volantino...a breve la versione definitiva, e le informazioni sul dove e sul quando.

21.8.13

L'importanza didattica di Yubeishi - parte prima

Yubeishi (posizione di partenza ), può essere giustamente considerata come il "movimento numero zero" delle forme di Taijiquan dello stile Chen. 
Questa figura, infatti, non è presente nelle versioni più antiche, ma è stata introdotta in seguito, probabilmente per allinearsi ai successivi e senz'altro più popolari stili derivati, dove è praticamente sempre presente e nota come Qishi.
Per questo motivo, non tutti gli insegnanti maggiormente legati alla tradizione l'hanno adottata, e da qui la sua assenza in diverse versioni della forma. 
Aldilà di una scelta del tutto legittima come questa, va però sottolineata l' utilità didattica di questa figura, attraverso la quale è possibile introdurre in maniera particolarmente evidente alcuni concetti altrimenti nascosti nei più complessi movimenti seguenti. 
In particolare, permette di illustrare fin dalle primissime lezioni i primi quattro jin da cui sono costituiti i cosiddetti Bamen (Otto Cancelli), ovvero Peng (Contrapporsi\ Parare\Espandersi ) , Lu (cedere), Ji (Premere) e An (Spingere). 
Questo si rende maggiormente evidente qualora si pratichi il movimento nella maniera corretta, ossia in quattro "battute" anzichè nella più diffusa che ne comprende solo due, sia per ragioni energetico\propriocettive, sia, e soprattutto, per quelle applicative. Infatti, lavorando adeguatamente la figura, è possibile isolare, per poi come sempre coordinare nuovamente, i suoi vari "momenti" e trasformarli in una vasta serie di test per i vari jin nonché in alcune delle applicazioni in cui si possono manifestare.
Ad esempio, la primissima fase del movimento, quella che vede le braccia alzarsi mentre il corpo si espande, corrisponde a peng, e a detta di molti, tra cui il M° Xu, è estremamente difficile da padroneggiare. Tanto difficile che viene usata per testare il livello complessivo di un praticante: riuscire a sollevare correttamente le braccia sradicando nel contempo (e senza sforzo) chi cerca di impedirtelo tenendoti per i polsi è il minimo che si possa chiedere a un serio praticante di Taijiquan. Inoltre, permette di iniziare ad utilizzare il movimento ascendente come metodo per deflettere un attacco creando allo stesso tempo aperture utili (in particolare al fianco e all'ascella) ,  e/o come colpo di polso o di nocche possibilmente al mento ma anche al bersaglio avanzato qualora richiesto dalle circostanze.
La fase ji(premere) si ha invece nel momento in cui il movimento ascendente muta, trasformandosi in una pressione in avanti, facilmente interpretabile come un colpo di dita e, a seguire, di palmo, oppure come azione volta semplicemente a proiettare in avanti l'avversario già sradicato dal movimento precedente.
L'interpretazione della fase successiva, quella corrispondente a lu (cedere, ritirarsi),è all'apparenza meno intuitiva, forse a causa dei fraintendimenti che accompagnano di solito lo studio di questo jin.
Infatti, il movimento di discesa delle braccia può indubbiamente esser letto come un accompagnare e ,di conseguenza , scaricare verso il basso l'attacco avversario, ma ,volendo osservare attentamente le possibilità applicative, ci si rende conto di come possa nascondere una molto più incisiva azione   volta a strappare, secondo  una strategia del tutto simile a quella nota come Ying Zhao (artiglio d'Aquila) nello Xinyiliuhequan.
Logica conseguenza di questo movimento discendente, lo spingere an permette di unirvi un "aiutino" con cui neutralizzare definitivamente l'avversario. Anche in questo caso, la corrispondenza tra il movimento e il   Jin che dovrebbe manifestare non è particolarmente evidente, ma per una ragione differente: non tende a dimostarlo tanto da un punto di vista tecnico quanto da uno prettamente "interno", e permette di coglierne con precisione le dinamiche interne. Infatti, la dinamica caratteristica di an è quella di spingere l'avversario utilizzando la "morbidezza" dell'arco centrale combinandola con la "durezza" di quello superiore e di quello inferiore (non a caso, il Trigramma corrispondente, li, mostra appunto una linea Yin tra due Yang), ed è esattamente quel che accade nell'ultima fase di Yubeishi. 
Ma Yubeishi non è soltanto questo,è anche un buon metodo per rendere familiare all'allievo la sensazione di integrità del proprio corpo, alla quale seguirà, una volta ottenuta una sufficiente sicurezza nel gesto e il conseguente rilassamento, una prima e molto intuitiva percezione del Qi . 
Nel prossimo articolo vedremo alcuni suggerimenti didattici per utilizzare al meglio questa figura.

Continua....



13.8.13

Insegnare davvero

Sono ormai diversi anni che mi dedico all'insegnamento, ma non è da molto che mi son reso conto di quanto questo sia diventato importante per me, e per la mia stessa pratica. Non mi va, perchè non è da me, indugiare sulla melassa di logori luoghi comuni tipo l'imparare dai propri allievi o sulle indicibili gioie di una non ben precisata condivisione: ciò che voglio dire è che l'insegnare ti pone di fronte determinati ostacoli interiori, difficilmente superabili e assolutamente non aggirabili in quanto malignamente connessi al tuo stesso essere, e che la vera capacità di un insegnante sta proprio, per quel che è la mia esperienza, nel riuscire ad affrontarli degnamente.
Il peggiore di questi ostacoli è stato, senza dubbio, la necessità di vincere una specie di ritrosia ad "insegnare" nel vero senso della parola: quando ho iniziato, credevo fosse possibile anche per me, come lo era e lo è per buona parte delle persone con cui ho studiato, insegnare con una specie di distacco professorale, sofistico, senza  dover per forza esporre quanto di autenticamente"mio" ci sia nell'arte che propongo. In realtà, nonostante i miei ripetuti sforzi, non mi è stato possibile tenere a lungo un atteggiamento del genere e,anzi, proprio questi tentativi mi hanno portato assai vicino a mollare. E più di una volta, ad essere sincero. Se, da un lato, sentivo ingiusto e oscuramente coercitivo il voler imporre ai miei allievi un'interpretazione dell'arte in qualche modo "mia", dall'altro mi rendevo conto di quanto suonassi falso recitando una parte che, in verità, non mi appartiene affatto.
 Da questo nasceva una sensazione d'impastoiamento e di insincerità, che mi privava di quell'entusiasmo necessario a coinvolgere le persone e, per così dire, a "contagiarle".
E so benissimo di averne perse per strada parecchie, a causa di questo, e di essermi fatto fraintendere ben più del dovuto.  
Il fatto è che si trattava di gelosia. Gelosia rivolta non tanto  a quello che insegno, quanto all'amore profondo che ho per l'Arte stessa: un distorto senso del pudore mi impediva di mostrare con sincerità quanto questa fosse importante per me , e come abbia letteralmente plasmato la mia esistenza e, con ogni probabilità, anche la mia visione del mondo.
Tutto questo mi faceva sentire infantile, in maniera del tutto simile a quando,in passato, stentavo a parlare con altre persone della donna che amo, quasi temessi di venire a mancare in qualcosa all'Amore che mi bruciava dentro, sminuendolo e corrompendolo inesorabilmente.
Poi, crescendo, o più probabilmente invecchiando, mi sono accorto che il freddo pensiero razionale diventa pura tautologia non appena ne venga esaurita la funzione di glossatore dei moti del cuore, e come da esso non ci sia da aspettarsi poi tanto, se non un tagliuzzare all'infinito e quindi l'inevitabile paralisi, perchè nulla è trasmissibile limitandosi alla pars destruens.
Per accendere quello altrui, occorre usare il proprio fuoco, e il calar la maschera, per quanto faticoso, è un passaggio obbligato: solo così è possibile permettere alla  fiamma dell' Arte di ardere ancora, e di affrontare il soffio maligno del tempo e della dimenticanza umana...

10.8.13

Quanto può essere dura la morbidezza

Si è portati a pensare che il lavoro interno, data la sua enfasi sulla morbidezza e sul rilassamento fisico e mentale, sia una pratica in qualche modo "dolce", e che il suo essere a volte " difficile" per ragioni tecniche finisca per stemperarsi sempre in questa dolcezza.
In realtà, poche cose sanno essere dure ed aspre come la pratica interna, e questo non certo per le dette difficoltà , a volte anche notevoli, di tipo tecnico o teorico. La vera difficoltà, la vera durezza stanno nel suo essere costantemente un pugno nello stomaco, pugno che continua ad andare a segno sempre e comunque, ad ogni singolo allenamento.  E questo perché il problema siamo noi, che non riusciamo a"mollare la presa", e a lasciarci dunque fluire come sarebbe naturale fare. Siamo sempre ossessionati dalla forma corporea (xing), sia che sia nel senso della consapevolezza delle nostre più o meno compensate mancanze strutturali, sia nella percezione della perenne imprecisione dei nostri gesti. Non riusciamo proprio a dimenticarci (zuo) e a non-fare (
wuwei), e questo genera, anche inconsciamente, una sensazione di fastidio, e quindi agitazione e confusione. Il vero nemico,come sempre, siamo noi stessi, e soprattutto il terrore di sentir mancare in qualche modo la nostra integrità, di toglierci la maschera (persona) che ci individua. Eppure, il carattere che indica il Dao mostra proprio una testa scarmigliata che danza: forse è tutto li', ma  quanto sa essere pesante quel primo passo!

5.8.13

Dance Immersion Festival 2013





 E' confermata la mia presenza all'edizione 2013 del DANCE IMMERSION FESTIVAL, organizzato dalla Scuola di Danza "MOVIMENTO E FANTASIA"
 diretta da Benilde Marini,e che si svolgerà a Cagli (PU) dal 31 agosto all'8 settembre.

Per informazioni contattate la Direzione artistica al 3389600511 oppure qui


 Per chi fosse interessato, questo è quanto:




ALLA SCOPERTA DEL PAESE INTERIORE: il movimento come autoconoscenza secondo la Tradizione cinese

Attraverso questa serie di seminari si desidera proporre una riflessione sul movimento quale strumento di auto-conoscenza, in una sorta di esplorazione di quello che la Tradizione cinese è solita definire il "Paese Interiore", ossia il corpo inteso sì come struttura profonda ma anche come luogo di Presenza.

Le discipline che verranno trattate sono il Tai Ji Quan ( Boxe della Suprema Polarità) e il raro Xin Yi Quan (Boxe del Cuore e della Mente).

 Domenica 1\9 ore 10-12 Sabato 7\9 ore 18-20

Fondamenti di Tai Ji Quan: il movimento sferico

 Da sempre, l'immagine della Sfera evoca quella della Totalità. Per essere realmente "totale", il movimento deve in qualche modo rispecchiarla, attraverso un costante bilanciamento tra la percezione spaziale interna e quella esterna.

Sabato 31\8 ore 17/19

Il Cuore, la Mente e il Pugno: introduzione allo Xin Yi Quan

La grazia spontanea dei movimenti degli animali sembra quasi irraggiugibile, per gli esseri umani, ma attraverso lo studio dello Xin Yi Quan possiamo iniziare a risvegliare la nostra natura animale.

4.6.13

Cibus et Salus - Verucchio (RN)





Domenica 30, alle 10 e 30 terrò una conferenza\lezione dimostrativa dal titolo " L'ARTE DEL CORPO COME SPECCHIO DEL COSMO".

Per maggiori informazioni, qui trovate il sito della manifestazione

Terra2013-Ostra (AN)





Tra le colline di Ostra (AN), una giornata dedicata allo Yoga, al Tai Ji (col sottoscritto), all'Astrologia Vedica e molto altro ancora...

QUI il link all'evento su Facebook


a cura degli amici dello Shaktyoga club di Ancona

14.5.13

"Conta solo il silenzioso tener fermo di pochi, la cui presenza impassibile da convitati di pietra serva a creare nuovi rapporti, nuove distanze, nuovi valori,a costruire un polo il quale se di certo non impedira'a questo mondo di deviati di essere quello che e',varra' pero' a trasmettere a qualcuno la sensazione della verita'-sensazione, che potra' forse anch' essere principio di qualche crisi liberatrice..." 
 
Julius Evola

13.5.13

5.5.13

"Il meraviglioso non suscita in noi nessuna sorpresa, perché il meraviglioso è ciò con cui abbiamo la più profonda confidenza. La felicità che la sua vista ci procura sta propriamente nel fatto di veder confermata la verità dei nostri sogni"

Ernst Junger

22.4.13

Disse il Buddha / Cinque punti per pacificare i pensieri che distraggono





Stando alle fonti, il Buddha, più che di pensieri "negativi", come va tanto di moda adesso, era solito parlare di pensieri "non salutari", ossia frutto di illusione o soggetti alla dicotomia desiderio\avversione, e quindi fatalmente propensi a trascinare e a invischiare nei livelli più bassi e grevi della consapevolezza, offuscando e confondendo il praticante sulla via dell'Illuminazione.







Sempre il Buddha, nel Vitakkasanthanasutta (Discorso della pacificazione dei pensieri distraenti) suggerisce di liberarsi dall'influenza nefasta di questi pensieri non salutari attenendosi ad un vero e proprio protocollo difensivo strutturato in cinque punti:




1. pensate ad altro, è meglio - il che vuol dire innanzitutto rivolgere la propria attenzione ad un oggetto che sia, invece,connesso a qualcosa di "salutare"e quindi teso a riportare il praticante in una condizione di stabilità;




se ciò non dovesse bastare, si passa al punto:




2. ricordatevi che non vi conviene - è fondamentale tenere a mente la pericolosità insita nei pensieri non salutari, rammentandone la capacità di sviare e confondere: lo Svegliato arriva addirittura a paragonarli ad un serpente legato al collo;




se il pensiero non salutare dovesse farsi vivo ancora,




3. lasciatelo perdere - ossia tentare di dimenticarlo e lasciarlo scivolare via dalla consapevolezza




se tuttavia dovesse ripresentarsi,




4. chiedetevi il perchè - analizzare l'origine dei pensieri negativi, ossia da dove vengono e le modalità in cui si manifestano. Si tratta,in definitiva, di avviare un momento analitico che permetta di discernere ed eventualmente correggere, il processo mentale non salutare;




ma se proprio non ci dovesse esser soluzione,




5. soggiogatelo - a denti stretti e con la lingua poggiata sul palato, soggiogare la mente con la mente: si tratta di un metodo d'urto, da utilizzarsi come extrema ratio, un po' come la celebre "roncola" yogica.



Anche in questo caso, è lampante la cristallina razionalità del metodo proposto dal Buddha: dovendo trattare con la mente, l'unica via praticabile è quella che ne tiene presente struttura e funzionamento, e lascia l'ascesi "dura" come ultima opzione, pur mantenendosi allo stesso tempo a debita distanza dai noti sdilinquimenti misticheggianti che tanta parte hanno, invece, nelle interpetazioni più degenerate e user friendly del messaggio buddhista .

8.4.13

Di, la Terra e la Madre/1

Sono un figlio un po' degenere della Madre Terra: prima dei vent'anni non ho mai affondato le dita nelle zolle, ne' toccato una radice con le mie nude mani. Del resto io, progenie di marinaio, per lungo tempo ho pensato che la sua via mi fosse estranea e in qualche modo preclusa, e che mai i suoi ritmi pressoché' immutabili potessero in qualche modo accordarsi con la burrasca sempre viva nel mio cuore. Ma mi sbagliavo.
Mi sbagliavo perché proprio nel suo Ventre avrei a poco a poco scoperto la chiave della Cerca, imparando a comprendere le vie del silenzio e della pazienza, l'ostinazione della Vita nonostante il suo essere poco più d'un fremito. E quel poco che mi par d'aver capito dell'Arte, me lo ha sussurrato Lei...

23.3.13

Metodi del corpo del Drago - sequenza standard

LONG SHEN FA - Metodi del corpo del Drago

Sequenza standard

1. Il Drago corre

2. Il Drago si stende

3. Il Drago raccoglie le stelle

4. Il Drago afferra la luna

5. Il Drago fluttua nel cielo


Questa metodica viene studiata per due scopi fondamentali:

- rinforzare la"tenuta" e l'interconnessione tra i Cinque Archi (Wu gong) in cui è possibile suddividere la struttura;

- sviluppare il Long Shen, la vita\corpo del Drago, abilità che rende il corpo simile ad una molla in tensione e pronta a scattare,caratteristica di stili come lo Xin Yi Liu He Quan e il Long Xing Bagua Zhang;

Sono inoltre utili per impostare in maniera corretta il rapporto anche\gambe e tra queste e la colonna vertebrale, rendendo molto più agevole l'apprendimento della capacità di scarico a terra della forza e il successivo rimbalzo.


     

I tre poteri segreti del Tai Ji quan -presentazione alla nuova edizione






Video intervista al M° Flavio Daniele, in occasione della nuova edizione del suo secondo libro, "I tre poteri segreti del Tai Ji Quan".
Più di dieci anni fa, è stato proprio questo testo ad aprirmi gli occhi...

22.3.13

Bio Stage Rimini Wellness 2013


Vi comunico date e orari  dei miei interventi  al BIO STAGE che si terrà dal 9 al 12 maggio 2013 in occasione dell'ottava edizione di Rimini Wellness:

  • Giovedì 9 ore 18
  • Domenica 12 ore 14
In entrambe le occasioni terrò una lezione introduttiva alla pratica del Tai Ji Quan e del Gongfu Neijia in generale, e una piccola dimostrazione dello stile Chen e dello Xin Yi Liu He Quan.

Il programma completo del Bio Stage lo trovate qui, e per ulteriori informazioni visitate il sito www.benessereflorido.it

20.3.13

Per un uso corretto dei "principi"

Si suol dire che il Neijia Quan differisca dalle altre arti marziali in quanto basato sull'applicazione di determinati "principi" anzichè su un repertorio (più o meno) meditato di tecniche (più o meno) funzionali . Per quanto ciò sia alquanto dozzinale e non del tutto corretto, nell'ambito dei metodi "interni" lo studio dei detti "principi" è indubbiamente preponderante, e sarebbe ben difficile sostenere il contrario.
Sfortunatamente, però, non sono convinto che questo studio sia sempre affrontato nella maniera più adeguata, in particolar modo per quel che riguarda l'approccio psicologico al problema.
Infatti, non di rado capita di sentir chiamare in causa il principio x o il principio agitandoli a mo' di feticcio, spesso a sproposito e quasi mai nel contesto adatto.
E' come se vi fosse  una sorta di feticismo del principio, da cui molti, quasi tutti in buona fede, sono spinti a forzare la propria pratica in modo che si conformi al "principio" in questione, quando magari il corpo, dal canto suo, manifesta tutt'altro, e questo sia per cattiva comprensione razionale del principio stesso, sia per l'insufficienza del livello raggiunto attraverso la pratica.
A mio avviso, un approccio simile, per quanto forse inevitabile all'inizio, a lungo andare rischia di pregiudicare seriamente le potenzialità dello sviluppo effettivo dell'Arte nel singolo praticante: seguire un modello ideale, per quanto adamantino e indiscutibile, non tanto come una linea guida ma come una sorta di "stampo" in cui forzare la propria pratica non può che essere deleterio, specialmente se non segue il naturale processo di crescita del praticante, che non può non essere personale sia nei tempi che nei modi. Con questo non intendo, si badi bene, sostenere che lo studio dei principi sia in qualche modo inutile o deleterio, se mai il contrario: in realtà, vorrei sottolineare che la comprensione corretta (Zheng) del principio si ha quando questo emerge dalla pratica ,e non quando il corpo si muove quasi fosse eterodiretto, come un burattino.
Infatti, quanti praticanti arrivano ad un livello accettabile, ma non riescono a procedere oltre in quanto come ingabbiati da un non meglio precisato rispetto (?) verso una sorta di esoscheletro di "principi" che li fa muovere con la vitalità di uno  zombie, e le loro forme sono gusci, magari perfetti in quanto a stile, ma vuoti, privi di "anima" e di quel Cuore (Xin) che da solo fa la differenza tra un buon artista marziale e un vero Maestro?
Non a caso, per evitare  di cadere in questo tranello, la didattica corretta suggerisce di partire da pratiche di base (Nei Gong e Jiben Gong) attraverso le quali far emergere determinate qualità che altro non sono se non la manifestazione dei vari principi e non una qualche loro più o meno forzata "applicazione". Per fare un esempio, se attraverso la pratica arrivo a fare discretamente bene gli esercizi per la Forza a Spirale, vuol dire che a poco a poco il Chan si Jin si è rivelato nel mio corpo, e in questo modo ho realizzato un principio, non mi sono "forzato" ad applicarlo ai miei movimenti. Anche in questo caso, è spontaneo e quasi inevitabile il richiamo alla forma mentis rurale e contadina, cui è fin troppo noto come la forzatura, qualunque essa sia, tenda fatalmente all'inanità, se non al disastro.
Occorre, quindi, accanto ad una conoscenza cristallina dei principi, da tenere sempre presente come strumento imprescindibile di paragone e di controllo, mantenere un atteggiamento operativo improntato alla  saggezza  e alla percettività,  lasciando che i principi si inverino da soli attraverso la giusta pratica, senza "cercarli" a tutti i costi o tributare loro un "rispetto" eccessivo. In fin dei conti, quelle che nascono dalla pratica delle Arti Interne sono capacità che emergono, o meglio ri-emergono solo quando il praticante è pronto,
e non v'è alcun modo di anticipare o velocizzare il processo se non, appunto, quello di seguire correttamente il metodo: la progressiva realizzazione dei vari principi ci assicura di essere sulla strada giusta , e ci aiuta a scandirne le tappe obbligate.
Tappe obbligate, certo, ma nessuna di esse e'mai fine a se stessa, e dovrebbe essere concepita in senso principalmente strumentale, senza fermarcisi più del dovuto, quindi. Non va mai dimenticato, infatti, che e' sempre in agguato il rischio di perdere di vista l'obiettivo finale, la destinazione di quel Viaggio lungo la Via che decidiamo di iniziare con quel non proprio semplice, ma fondamentale, primo passo che e' il Lavoro Interno.

Giornata di studio TAIJI E EDUCAZIONE a Roma




Con piacere e soddisfazione condivido questa importante iniziativa organizzata dall'Università degli studi "Foro Italico" di Roma in collaborazione con la Nei Dan School del mio Maestro Flavio Daniele: è fondamentale che discipline complesse e profonde come il Taijiquan abbiano la possibilità di essere discusse ed affrontate a un livello adeguato, uscendo una volta per tutte da quella nicchia volutamente confusa e approssimativa in cui fa comodo a molti mantenerle.
Consiglio vivamente di partecipare a tutte le persone in zona, perchè oltre al M° Daniele sarà possibile vedere all'opera il M° Wang Lian Fu (un suo video qui) e il "nostro" grande M° George Xu.

16.3.13

Chen Zhaokui Tuishou








Interessante galleria fotografica che mostra il M° Chen Zhaokui (insegnante del M° Ma Hong) durante la pratica del Tuishou.

15.3.13

Through the looking glass

Per quanto non sempre mi sia dato di scegliere, preferisco far lezione dove non ci sono specchi. Lo specchio, oltre ad una sua intrinseca natura inquietante, si mostra spesso più una fonte di disturbo che un aiuto, almeno nelle fasi iniziali dell'apprendimento. Infatti, per quanto possa rivelarsi utile per cogliere alcuni particolari del movimento dell'insegnante, spesso  l'immagine riflessa diviene più importante dell'insegnante stesso, e su di essa tende a concentrarsi la maggior parte dell'attenzione dello studente. Questo non soltanto tende ad ostacolare il processo di apprendimento (la specularità dell'immagine confonde), ma tende anche, e assai più pericolosamente, a dare un peso eccessivo alla già ipertrofica funzione\rappresentazione visiva, a scapito di quelle cui sarebbe propria la sfera del movimento, ossia la propriocezione e la cenestesia.
Questo porta lo studente a identificarsi più con la rappresentazione corretta del gesto che con la sensazione corretta del gesto, condannandosi a una tara di "bidimensionalità" molto difficile da correggere, e che finisce,in un modo o nell'altro, per "allontanare" la percezione piena del movimento. In altre parole, si tratta dell'ennesima tentazione di ridurre l'arte interna a semplice nozionismo da schedario, incapace di tradursi in conoscenza viva e vivificante.

14.3.13

La Mano che sbarra- Parte prima

Avendo praticato,a suo tempo, Wing chun, Choy li Fut e, soprattutto, Tang Lang Quan, penso di essermi fatto un'idea abbastanza chiara dell'approccio al combattimento dei metodi di tradizione Shaolin.
Tuttavia, solo entrando in contatto col Lanshou Quan (boxe della mano che sbarra) ho potuto tirare le fila di tutto quel lavoro, scoprendo un sistema che, aldilà d'una semplicità disarmante, sintetizza alla perfezione tutte le caratteristiche dei cosiddetti metodi "esterni" lasciando, allo stesso tempo, la strada libera allo sviluppo delle potenzialità "interne".

Il Lanshou, diffuso principalmente nella zone di Tainjin e Shanghai,si presenta, come ho già detto, sotto le (mentite) spoglie di uno stile eminentemente"classico",cioè basato su calci e pugni a distanza medio\lunga, e anche un po'insignificante da un puntodi vista estetico, se paragonato alla maggior parte dei sistemi con cui è "imparentato". Le sue tecniche, infatti, sono lineari, semplici, con calci non troppo alti, posizioni non troppo basse e, in definitiva, nessun tipo di "fioritura".
Lanshou quan al porto di Ancona
Eppure, questo stile possiede una sua propria, ben precisa eleganza, fatta di sobrietà e precisione: per quanto apparentemente minimalista nell'aspetto, nel Lanshou quan non c'è spazio per le approssimazioni, e l'aspetto posturale di ogni posizione è curato in maniera a dir poco maniacale. Ed è proprio questa attenzione agli allineamenti strutturali a rendere possibile la strategia base del metodo,vale a dire quella di "fermare" coi propri colpi l'avversario lì dove si trova,quasi come gli si chiudesse in faccia un cancello(1). Infatti, l'aver costantemente il corpo "dietro" il colpo non fornisce a quest'ultimo soltanto pesantezza ma anche una solidità particolarmente "spigolosa" che lo rende simile a un vero e proprio cuneo(2).
In altre parole,è come se il Lanshou quan riflettesse in qualche modo una strategia simile a quella della falange oplitica,la cui forza d'urto (attiva o passiva) dipende dalla perfetta coordinazione degli elementi da cui è costituita la falange stessa. Infatti, in battaglia,le possibilità di vittoria di una falange (o di un quadrato di picchieri) dipendono in primo luogo proprio dalla capacità di mantenere lo schieramento,contro il quale le cariche del nemico finiscono per infrangersi,praticamente infilzandosi da sole.



continua




Note:

(1)Uno dei significati del carattere "lan" è proprio cancello,palizzata
(2)Si tratta di un concetto che, con le dovute differenze, ricorda quello del Wing Chun

10.3.13

il segreto degli animali

Suscito sempre un grande interesse, quando ribadisco la necessità di seguire l'esempio degli animali,e cercare di carpirne il "segreto". In una (in)cultura come la nostra, nella quale gli animali vengono visti non troppo diversamente da delle merci, e per questo sfruttabili a vario titolo, oppure, all'opposto, come oggetti di un'affettività morbosa e molto spesso disturbata, risulta assai difficile comprendere l'utilità di osservare delle creature ritenute meno "evolute"per trarne insegnamenti di sorta su cui basare il nostro "lavoro" personale. Allo stesso modo, ci si fa continuamente meraviglia di come, in passato, per generazioni si sia andati avanti ad osservare gli animali e a studiarne movimento e comportamento e adattarli in vario modo all'essere umano sotto forma di pratiche fisiche, respiratorie e meditative. In questo, le culture orientali, prive di pregiudizi (religiosi prima, scientisti poi) nei confronti degli animali,si dedicarono con particolare attenzione a studiarli, al punto che, limitandosi alla tradizione cinese tutto il complesso di pratiche cinesi noto ora come Qigong  sarebbe del tutto impensabile senza questo continuo riferimento al mondo animale, sotto forma di metafora sia come imitazione pura e semplice. In India, evidentemente non a caso , il Signore dello Yoga (Yogeshvara) e il Signore degli Animali (Pasupati) sono addirittura aspetti del Signore Shiva, il grande Dio che riporta le manifestazioni al puro Essere.
Ma che cos'è, in definitiva, questo "segreto" degli animali? Sta forse in qualcosa che loro hanno e noi non abbiamo? In verità, si tratta di qualcosa che noi abbiamo, e loro no: la sofisticazione, il pregiudizio psicologico che ci vorrebbe "separati" e quindi mediati in tutte le nostre azioni e, per analogia, nei nostri pensieri che si trovano,così, drammaticamente privi della "spontaneità" (ziran) da cui dipende ogni armoniosa interazione con il Kosmos.
Quindi, ogni tipo di lavoro che voglia  realmente ispirarsi agli animali e "imitarli" (xiangxing), deve in primo luogo rivolgere la propria attenzione a questo recupero\ripristino della spontaneità e naturalezza motoria intese come requisiti imprescindibili e non come più o meno confusi "traguardi". Senza questo, presto o tardi si finirebbe per cadere nella trappola dello scimmiottamento privo di senso ed utilità, incapace di generare autentica Trasformazione.

9.3.13

assenzasenso

Pare che tutto concorra, sempre più, a vuotare il già misero residuo di un senso celato nelle cose, erodendolo inesorabilmente col cicaleccio insulso, sfoggiando magari un tronfio ripudio della logica  degno del villanzone arricchito che si sbrodola di vino pregiato senza saperne coglier altro se non il prezzo sul listino, atteggiandosi al contempo a rivelatore dei massimi sistemi.
La consapevolezza della mancanza di un Fondamento stabile, invece che staffile e sprone al cercare e al comprendere, si fa brodo di coltura per giustificare il vizio, la debolezza e la dilagante corruzione, che dal piano morale s'è inerpicata con successo fino al mentale, spazzando via ogni forma di razionalità non riducibile al calcolo volgare e bottegaio.
Il fatto imperdonabile è che non si tratta soltanto del dire del volgo,bensì di quello dei presunti alfieri della cosiddetta cultura, che invece di adoperarsi per rettificare l'ignoranza se ne ergono ad arroganti e sfacciati tribuni, giustificando ogni bruttura in quanto espressione di nicchie di mercato da rappresentare e foraggiare, senza dar peso all'immoralità o all'irrazionalità dei fruitori,anzi esaltandole in quanto "diritti".
Quanto ciò precluda la possibilità d'un futuro autentico non è solo meditazione da pensatore barbogio e reazionario: l'assenza di senso, ma soprattutto di un minimo di struttura nel pensiero porta al caos del non-formato, al  pullulare di vermi nella fanghiglia pronti per essere utilizzati come esche per prede più grosse, in un ciclo letale e schiavizzante, cui ci stiamo dannando inesorabilmente.

Un paio di (brevi) considerazioni etimologiche - Nei Gong

Il termine Nei Gong può essere (e viene) tradotto abbastanza dignitosamente con "lavoro interno".
Eppure, un'occhiata attenta degli ideogrammi che la compongono può palesare anche qualcos'altro:

Nei rappresenta una pianta che affonda le radici nel terreno,in profondità, mentre la sua parte aerea è ancora appena accennata, un germoglio o poco più.
Indica quindi un movimento di crescita, ma nascosto, interno,che si può interpretare anche come un movimento di intro-versione, cioè di "rivolgimento dello sguardo all'interno"come si legge in diversi testi di Alchimia Interiore(Nei Dan), alla scoperta del proprio essere quel determinato uomo in un determinato momento. E, simile anche in questo all'affondare delle radici , non è immediatamente visibile, ma è fondamentale per la comprensione dell'Arte,per la stessa ragione per cui una pianta senza radici non può sopravvivere.  E' per questo che,senza una sufficiente padronanza dell'interno,non si può parlare con cognizione di causa di Arti Marziali Interne (Nei Jia Quan),perché se ne tradiscono tanto l'essenza quanto gli stessi meccanismi che ne regolano il funzionamento.Il muovere"fiorito"delle mani e delle gambe o lo sbatacchiare vistosamente il corpo come fanno in tanti è proprio come il germoglio di prima: insignificante. E inutile, almeno dal punto di vista delle Arti interne,perchè senza radici.

Gong indica, invece, un uomo che lavora la terra spingendo un aratro. Si tratta,certo, dell'ennesimo richiamo al carattere eminentemente agricolo della civiltà cinese e,di conseguenza, della sua forma mentis, ma è anche una ben precisa indicazione sulla natura della pratica cui ci dedichiamo. Pratica che deve essere come quella del contadino il quale, forte dell'esperienza di chi lo ha preceduto e della propria,vissuta vicinanza alla terra, sa cogliere i segni del cielo e del suolo, ed è capace di adattarsi al Ritmo che li regola.Una pratica, quindi, viva, lontana anni luce da metodiche da laboratorio,cucite addosso a corpi reificati, percepiti quasi più come cadaveri o manichini che non come esseri viventi in un preciso momento spaziale e temporale.

Frugare

Frugando tra gli scatoloni rimasti accatastati nel limbo delle cose da sistemare fin dal tempo del nostro ultimo trasloco, ne ho ritrovato uno, a dire il vero piuttosto bruttarello , con quella sua tinta giallastra da compositore tisico, e cosi' stracolmo da non essere nemmeno chiuso.
Tra tutti, in effetti, era proprio quello in cui non avrei voluto ( o dovuto, staremo a vedere) imbattermi, e che avevo riposto li' , in un angolo praticamente inaccessibile, in attesa del momento in cui avessi sentito l'esigenza di farmi un po' di male aggiuntivo.
Ma l'averlo rivisto mi costringe inesorabilmente ad affrontarlo, e a tirarne fuori quel che si e' salvato dal rogo cui a suo tempo decisi di condannare i miei scritti di adolescente, sputati dissennatamente sulla carta (senza nemmeno rileggerli) tra i quattordici e i vent'anni.
Liriche d'amore per ragazze e donne che non m'hanno mai degnato di uno sguardo, o che l'hanno fatto vedendovi unicamente cio' che han voluto, invettive rabbiose contro l'istupidimento generale che gia' allora mi rivoltava lo stomaco, bozze per un teatro di personaggi e parole in risposta allo strapotere dell' asettico intellettualismo...e praticamente a ciclo continuo, dato che, nonostante i miei poco allegri falo' qualche mano provvidenziale e' riuscita a salvarne addirittura uno scatolone bello pieno.
 Non so se stavolta si salverà qualcosa, ma so per certo che la prova dello specchio è sempre una delle più dure...

Ritorno di fiamma

Avevo ormai dimenticato cosa volesse dire non esercitarsi per un periodo superiore a un paio di giorni, cosa cambiasse nel corpo, nella percezione, nella testa.
Ma ciò che più di ogni altra cosa avevo dimenticato, è la gioia di risentire la Forza sgorgare dal ventre, e riempire gli arti, gonfiarli fino a farli quasi scoppiare...e bruciare...

17.2.13

M° Flavio Daniele e il M° Ma Hong






In questo video è possibile vedere uno spezzone di lezione privata in cui il M° Flavio Daniele (il mio insegnante), rifinisce i primi movimenti della seconda sezione della forma del Tai Ji Quan stile Chen sotto la guida di uno dei più prestigiosi esponenti del metodo, il M° Ma Hong.
Oltre che ammirare l'abilità e la vitalità dell'ottantacinquenne Maestro Ma, è possibile farsi un'idea di come sia realmente una "vera"lezione di Gongfu  in Cina...

25.1.13

Intervista per Bellezza & Cultura

Per quanto strano possa apparire, ho avuto modo di rilasciare la mia prima (breve, grazie al Cielo) intervista, apparsa sul sito del network Bellezza & Cultura .

Se avete voglia di leggerla, la trovate QUI

8.1.13

Reboot

Quando ho deciso di aprire questo blog, avevo in mente di ritagliarmi uno spazio in cui raccontare qualcosa riguardo alle varie discipline del Neijia, pubblicare un po' di materiale utile per allievi e non nonche' promuovere le mie attivita' e i miei corsi.
Ebbene, come si evince anche dal piuttosto esiguo numero di articoli, una linea di questo tipo e' abbastanza difficile da tenere, per uno come me, e il blog langue. Non sono portato per le impostazioni troppo didascaliche ( e i miei allievi lo sanno bene) e non amo nemmeno pubblicizzarmi senza ritegno, pero' non desidero assolutamente abbandonare questo spazio. Piuttosto, in linea con i cambiamenti che stanno avvenendo nella mia ricerca e pratica personale, voglio rendere piu' flessibile questo blog, e infondervi nuova vita attraverso le svariate forme in cui si declinano il mio Cuore, la mia Mente e il mio Pugno.
Buona lettura,

R.