15.3.13

Through the looking glass

Per quanto non sempre mi sia dato di scegliere, preferisco far lezione dove non ci sono specchi. Lo specchio, oltre ad una sua intrinseca natura inquietante, si mostra spesso più una fonte di disturbo che un aiuto, almeno nelle fasi iniziali dell'apprendimento. Infatti, per quanto possa rivelarsi utile per cogliere alcuni particolari del movimento dell'insegnante, spesso  l'immagine riflessa diviene più importante dell'insegnante stesso, e su di essa tende a concentrarsi la maggior parte dell'attenzione dello studente. Questo non soltanto tende ad ostacolare il processo di apprendimento (la specularità dell'immagine confonde), ma tende anche, e assai più pericolosamente, a dare un peso eccessivo alla già ipertrofica funzione\rappresentazione visiva, a scapito di quelle cui sarebbe propria la sfera del movimento, ossia la propriocezione e la cenestesia.
Questo porta lo studente a identificarsi più con la rappresentazione corretta del gesto che con la sensazione corretta del gesto, condannandosi a una tara di "bidimensionalità" molto difficile da correggere, e che finisce,in un modo o nell'altro, per "allontanare" la percezione piena del movimento. In altre parole, si tratta dell'ennesima tentazione di ridurre l'arte interna a semplice nozionismo da schedario, incapace di tradursi in conoscenza viva e vivificante.

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