2.2.14

Na adevo devam arcayet

Mi capita di citare abbastanza spesso questa frase, persino in contesti decisamente profani e forse inadatti quali i social networks,al punto da spingere diverse persone a domandarmene l'origine e il significato.


Na adevo devam arcayet si può rendere in italiano con "nessuno che non sia un Dio veneri Dio", ed è uno dei fondamenti del Tantrismo, sia nella sua versione induista che in quella Buddhista (Vajrayana). Si tratta di un concetto probabilmente ostico e apparentemente blasfemo per chi si sia fermato a una nozione superficiale del Divino, oppure per chi sia stato educato a concepirlo unicamente sotto forme fideistiche o comunque "personali" , ma la cui comprensione risulta necessaria qualora si voglia intraprendere un percorso serio ed efficace nel solco tracciato dalla Tradizione.

Non si deve pensare, infatti, che si tratti di qualcosa di esclusivamente "indiano",sempre che ciò voglia dire effettivamente qualcosa, data l'estrema e feconda varietà delle tradizioni religiose, filosofiche ed operative nate nel subcontinente, bensì di una linea largamente condivisa e sovrapponibile ai più disparati contesti presso i quali si possano trovare affinità di mezzi e di scopi.

 E non ci vuole nemmeno molto per accorgersi che qui ci troviamo ad un'enorme distanza sia dalla superficialità dell'atteggiamento odierno delle religioni organizzate, forzatamente "democratizzate" sia da tutti i piùo meno risibili "misticismi" commercializzabili e commercializzati che affollano l'ambiente della cosiddetta "spiritualità" contemporanea.

Si tratta di un atteggiamento in cui si riflette la straziante necessita' di ricomporre, innanzi tutto, l'uomo frammentato e "disperso" e ricondurlo al suo giusto ordine di grandezza, quello attribuitogli dalla Tradizione. Non una specie di spaurito scimmiotto spelacchiato, quindi, ma Creatura in grado di rispecchiare il Cosmo semplicemente essendo quel che e'. La Natura primordiale, antecedente la Caduta, lo stato di Luce bianca e immobile significano proprio questo: tornare al punto di vista dell'Indifferenziato, e quindi del Divino...

Solo così si può aspirare a riflettere,fosse solo per un istante e pur nella propria transitoria e fragile esistenza, un raggio di quella Luce, senza cadere nelle trappole dell'ego o dei livelli più infimi della materia. 

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