23.3.13

Metodi del corpo del Drago - sequenza standard

LONG SHEN FA - Metodi del corpo del Drago

Sequenza standard

1. Il Drago corre

2. Il Drago si stende

3. Il Drago raccoglie le stelle

4. Il Drago afferra la luna

5. Il Drago fluttua nel cielo


Questa metodica viene studiata per due scopi fondamentali:

- rinforzare la"tenuta" e l'interconnessione tra i Cinque Archi (Wu gong) in cui è possibile suddividere la struttura;

- sviluppare il Long Shen, la vita\corpo del Drago, abilità che rende il corpo simile ad una molla in tensione e pronta a scattare,caratteristica di stili come lo Xin Yi Liu He Quan e il Long Xing Bagua Zhang;

Sono inoltre utili per impostare in maniera corretta il rapporto anche\gambe e tra queste e la colonna vertebrale, rendendo molto più agevole l'apprendimento della capacità di scarico a terra della forza e il successivo rimbalzo.


     

I tre poteri segreti del Tai Ji quan -presentazione alla nuova edizione






Video intervista al M° Flavio Daniele, in occasione della nuova edizione del suo secondo libro, "I tre poteri segreti del Tai Ji Quan".
Più di dieci anni fa, è stato proprio questo testo ad aprirmi gli occhi...

22.3.13

Bio Stage Rimini Wellness 2013


Vi comunico date e orari  dei miei interventi  al BIO STAGE che si terrà dal 9 al 12 maggio 2013 in occasione dell'ottava edizione di Rimini Wellness:

  • Giovedì 9 ore 18
  • Domenica 12 ore 14
In entrambe le occasioni terrò una lezione introduttiva alla pratica del Tai Ji Quan e del Gongfu Neijia in generale, e una piccola dimostrazione dello stile Chen e dello Xin Yi Liu He Quan.

Il programma completo del Bio Stage lo trovate qui, e per ulteriori informazioni visitate il sito www.benessereflorido.it

20.3.13

Per un uso corretto dei "principi"

Si suol dire che il Neijia Quan differisca dalle altre arti marziali in quanto basato sull'applicazione di determinati "principi" anzichè su un repertorio (più o meno) meditato di tecniche (più o meno) funzionali . Per quanto ciò sia alquanto dozzinale e non del tutto corretto, nell'ambito dei metodi "interni" lo studio dei detti "principi" è indubbiamente preponderante, e sarebbe ben difficile sostenere il contrario.
Sfortunatamente, però, non sono convinto che questo studio sia sempre affrontato nella maniera più adeguata, in particolar modo per quel che riguarda l'approccio psicologico al problema.
Infatti, non di rado capita di sentir chiamare in causa il principio x o il principio agitandoli a mo' di feticcio, spesso a sproposito e quasi mai nel contesto adatto.
E' come se vi fosse  una sorta di feticismo del principio, da cui molti, quasi tutti in buona fede, sono spinti a forzare la propria pratica in modo che si conformi al "principio" in questione, quando magari il corpo, dal canto suo, manifesta tutt'altro, e questo sia per cattiva comprensione razionale del principio stesso, sia per l'insufficienza del livello raggiunto attraverso la pratica.
A mio avviso, un approccio simile, per quanto forse inevitabile all'inizio, a lungo andare rischia di pregiudicare seriamente le potenzialità dello sviluppo effettivo dell'Arte nel singolo praticante: seguire un modello ideale, per quanto adamantino e indiscutibile, non tanto come una linea guida ma come una sorta di "stampo" in cui forzare la propria pratica non può che essere deleterio, specialmente se non segue il naturale processo di crescita del praticante, che non può non essere personale sia nei tempi che nei modi. Con questo non intendo, si badi bene, sostenere che lo studio dei principi sia in qualche modo inutile o deleterio, se mai il contrario: in realtà, vorrei sottolineare che la comprensione corretta (Zheng) del principio si ha quando questo emerge dalla pratica ,e non quando il corpo si muove quasi fosse eterodiretto, come un burattino.
Infatti, quanti praticanti arrivano ad un livello accettabile, ma non riescono a procedere oltre in quanto come ingabbiati da un non meglio precisato rispetto (?) verso una sorta di esoscheletro di "principi" che li fa muovere con la vitalità di uno  zombie, e le loro forme sono gusci, magari perfetti in quanto a stile, ma vuoti, privi di "anima" e di quel Cuore (Xin) che da solo fa la differenza tra un buon artista marziale e un vero Maestro?
Non a caso, per evitare  di cadere in questo tranello, la didattica corretta suggerisce di partire da pratiche di base (Nei Gong e Jiben Gong) attraverso le quali far emergere determinate qualità che altro non sono se non la manifestazione dei vari principi e non una qualche loro più o meno forzata "applicazione". Per fare un esempio, se attraverso la pratica arrivo a fare discretamente bene gli esercizi per la Forza a Spirale, vuol dire che a poco a poco il Chan si Jin si è rivelato nel mio corpo, e in questo modo ho realizzato un principio, non mi sono "forzato" ad applicarlo ai miei movimenti. Anche in questo caso, è spontaneo e quasi inevitabile il richiamo alla forma mentis rurale e contadina, cui è fin troppo noto come la forzatura, qualunque essa sia, tenda fatalmente all'inanità, se non al disastro.
Occorre, quindi, accanto ad una conoscenza cristallina dei principi, da tenere sempre presente come strumento imprescindibile di paragone e di controllo, mantenere un atteggiamento operativo improntato alla  saggezza  e alla percettività,  lasciando che i principi si inverino da soli attraverso la giusta pratica, senza "cercarli" a tutti i costi o tributare loro un "rispetto" eccessivo. In fin dei conti, quelle che nascono dalla pratica delle Arti Interne sono capacità che emergono, o meglio ri-emergono solo quando il praticante è pronto,
e non v'è alcun modo di anticipare o velocizzare il processo se non, appunto, quello di seguire correttamente il metodo: la progressiva realizzazione dei vari principi ci assicura di essere sulla strada giusta , e ci aiuta a scandirne le tappe obbligate.
Tappe obbligate, certo, ma nessuna di esse e'mai fine a se stessa, e dovrebbe essere concepita in senso principalmente strumentale, senza fermarcisi più del dovuto, quindi. Non va mai dimenticato, infatti, che e' sempre in agguato il rischio di perdere di vista l'obiettivo finale, la destinazione di quel Viaggio lungo la Via che decidiamo di iniziare con quel non proprio semplice, ma fondamentale, primo passo che e' il Lavoro Interno.

Giornata di studio TAIJI E EDUCAZIONE a Roma




Con piacere e soddisfazione condivido questa importante iniziativa organizzata dall'Università degli studi "Foro Italico" di Roma in collaborazione con la Nei Dan School del mio Maestro Flavio Daniele: è fondamentale che discipline complesse e profonde come il Taijiquan abbiano la possibilità di essere discusse ed affrontate a un livello adeguato, uscendo una volta per tutte da quella nicchia volutamente confusa e approssimativa in cui fa comodo a molti mantenerle.
Consiglio vivamente di partecipare a tutte le persone in zona, perchè oltre al M° Daniele sarà possibile vedere all'opera il M° Wang Lian Fu (un suo video qui) e il "nostro" grande M° George Xu.

16.3.13

Chen Zhaokui Tuishou








Interessante galleria fotografica che mostra il M° Chen Zhaokui (insegnante del M° Ma Hong) durante la pratica del Tuishou.

15.3.13

Through the looking glass

Per quanto non sempre mi sia dato di scegliere, preferisco far lezione dove non ci sono specchi. Lo specchio, oltre ad una sua intrinseca natura inquietante, si mostra spesso più una fonte di disturbo che un aiuto, almeno nelle fasi iniziali dell'apprendimento. Infatti, per quanto possa rivelarsi utile per cogliere alcuni particolari del movimento dell'insegnante, spesso  l'immagine riflessa diviene più importante dell'insegnante stesso, e su di essa tende a concentrarsi la maggior parte dell'attenzione dello studente. Questo non soltanto tende ad ostacolare il processo di apprendimento (la specularità dell'immagine confonde), ma tende anche, e assai più pericolosamente, a dare un peso eccessivo alla già ipertrofica funzione\rappresentazione visiva, a scapito di quelle cui sarebbe propria la sfera del movimento, ossia la propriocezione e la cenestesia.
Questo porta lo studente a identificarsi più con la rappresentazione corretta del gesto che con la sensazione corretta del gesto, condannandosi a una tara di "bidimensionalità" molto difficile da correggere, e che finisce,in un modo o nell'altro, per "allontanare" la percezione piena del movimento. In altre parole, si tratta dell'ennesima tentazione di ridurre l'arte interna a semplice nozionismo da schedario, incapace di tradursi in conoscenza viva e vivificante.

14.3.13

La Mano che sbarra- Parte prima

Avendo praticato,a suo tempo, Wing chun, Choy li Fut e, soprattutto, Tang Lang Quan, penso di essermi fatto un'idea abbastanza chiara dell'approccio al combattimento dei metodi di tradizione Shaolin.
Tuttavia, solo entrando in contatto col Lanshou Quan (boxe della mano che sbarra) ho potuto tirare le fila di tutto quel lavoro, scoprendo un sistema che, aldilà d'una semplicità disarmante, sintetizza alla perfezione tutte le caratteristiche dei cosiddetti metodi "esterni" lasciando, allo stesso tempo, la strada libera allo sviluppo delle potenzialità "interne".

Il Lanshou, diffuso principalmente nella zone di Tainjin e Shanghai,si presenta, come ho già detto, sotto le (mentite) spoglie di uno stile eminentemente"classico",cioè basato su calci e pugni a distanza medio\lunga, e anche un po'insignificante da un puntodi vista estetico, se paragonato alla maggior parte dei sistemi con cui è "imparentato". Le sue tecniche, infatti, sono lineari, semplici, con calci non troppo alti, posizioni non troppo basse e, in definitiva, nessun tipo di "fioritura".
Lanshou quan al porto di Ancona
Eppure, questo stile possiede una sua propria, ben precisa eleganza, fatta di sobrietà e precisione: per quanto apparentemente minimalista nell'aspetto, nel Lanshou quan non c'è spazio per le approssimazioni, e l'aspetto posturale di ogni posizione è curato in maniera a dir poco maniacale. Ed è proprio questa attenzione agli allineamenti strutturali a rendere possibile la strategia base del metodo,vale a dire quella di "fermare" coi propri colpi l'avversario lì dove si trova,quasi come gli si chiudesse in faccia un cancello(1). Infatti, l'aver costantemente il corpo "dietro" il colpo non fornisce a quest'ultimo soltanto pesantezza ma anche una solidità particolarmente "spigolosa" che lo rende simile a un vero e proprio cuneo(2).
In altre parole,è come se il Lanshou quan riflettesse in qualche modo una strategia simile a quella della falange oplitica,la cui forza d'urto (attiva o passiva) dipende dalla perfetta coordinazione degli elementi da cui è costituita la falange stessa. Infatti, in battaglia,le possibilità di vittoria di una falange (o di un quadrato di picchieri) dipendono in primo luogo proprio dalla capacità di mantenere lo schieramento,contro il quale le cariche del nemico finiscono per infrangersi,praticamente infilzandosi da sole.



continua




Note:

(1)Uno dei significati del carattere "lan" è proprio cancello,palizzata
(2)Si tratta di un concetto che, con le dovute differenze, ricorda quello del Wing Chun

10.3.13

il segreto degli animali

Suscito sempre un grande interesse, quando ribadisco la necessità di seguire l'esempio degli animali,e cercare di carpirne il "segreto". In una (in)cultura come la nostra, nella quale gli animali vengono visti non troppo diversamente da delle merci, e per questo sfruttabili a vario titolo, oppure, all'opposto, come oggetti di un'affettività morbosa e molto spesso disturbata, risulta assai difficile comprendere l'utilità di osservare delle creature ritenute meno "evolute"per trarne insegnamenti di sorta su cui basare il nostro "lavoro" personale. Allo stesso modo, ci si fa continuamente meraviglia di come, in passato, per generazioni si sia andati avanti ad osservare gli animali e a studiarne movimento e comportamento e adattarli in vario modo all'essere umano sotto forma di pratiche fisiche, respiratorie e meditative. In questo, le culture orientali, prive di pregiudizi (religiosi prima, scientisti poi) nei confronti degli animali,si dedicarono con particolare attenzione a studiarli, al punto che, limitandosi alla tradizione cinese tutto il complesso di pratiche cinesi noto ora come Qigong  sarebbe del tutto impensabile senza questo continuo riferimento al mondo animale, sotto forma di metafora sia come imitazione pura e semplice. In India, evidentemente non a caso , il Signore dello Yoga (Yogeshvara) e il Signore degli Animali (Pasupati) sono addirittura aspetti del Signore Shiva, il grande Dio che riporta le manifestazioni al puro Essere.
Ma che cos'è, in definitiva, questo "segreto" degli animali? Sta forse in qualcosa che loro hanno e noi non abbiamo? In verità, si tratta di qualcosa che noi abbiamo, e loro no: la sofisticazione, il pregiudizio psicologico che ci vorrebbe "separati" e quindi mediati in tutte le nostre azioni e, per analogia, nei nostri pensieri che si trovano,così, drammaticamente privi della "spontaneità" (ziran) da cui dipende ogni armoniosa interazione con il Kosmos.
Quindi, ogni tipo di lavoro che voglia  realmente ispirarsi agli animali e "imitarli" (xiangxing), deve in primo luogo rivolgere la propria attenzione a questo recupero\ripristino della spontaneità e naturalezza motoria intese come requisiti imprescindibili e non come più o meno confusi "traguardi". Senza questo, presto o tardi si finirebbe per cadere nella trappola dello scimmiottamento privo di senso ed utilità, incapace di generare autentica Trasformazione.

9.3.13

assenzasenso

Pare che tutto concorra, sempre più, a vuotare il già misero residuo di un senso celato nelle cose, erodendolo inesorabilmente col cicaleccio insulso, sfoggiando magari un tronfio ripudio della logica  degno del villanzone arricchito che si sbrodola di vino pregiato senza saperne coglier altro se non il prezzo sul listino, atteggiandosi al contempo a rivelatore dei massimi sistemi.
La consapevolezza della mancanza di un Fondamento stabile, invece che staffile e sprone al cercare e al comprendere, si fa brodo di coltura per giustificare il vizio, la debolezza e la dilagante corruzione, che dal piano morale s'è inerpicata con successo fino al mentale, spazzando via ogni forma di razionalità non riducibile al calcolo volgare e bottegaio.
Il fatto imperdonabile è che non si tratta soltanto del dire del volgo,bensì di quello dei presunti alfieri della cosiddetta cultura, che invece di adoperarsi per rettificare l'ignoranza se ne ergono ad arroganti e sfacciati tribuni, giustificando ogni bruttura in quanto espressione di nicchie di mercato da rappresentare e foraggiare, senza dar peso all'immoralità o all'irrazionalità dei fruitori,anzi esaltandole in quanto "diritti".
Quanto ciò precluda la possibilità d'un futuro autentico non è solo meditazione da pensatore barbogio e reazionario: l'assenza di senso, ma soprattutto di un minimo di struttura nel pensiero porta al caos del non-formato, al  pullulare di vermi nella fanghiglia pronti per essere utilizzati come esche per prede più grosse, in un ciclo letale e schiavizzante, cui ci stiamo dannando inesorabilmente.

Un paio di (brevi) considerazioni etimologiche - Nei Gong

Il termine Nei Gong può essere (e viene) tradotto abbastanza dignitosamente con "lavoro interno".
Eppure, un'occhiata attenta degli ideogrammi che la compongono può palesare anche qualcos'altro:

Nei rappresenta una pianta che affonda le radici nel terreno,in profondità, mentre la sua parte aerea è ancora appena accennata, un germoglio o poco più.
Indica quindi un movimento di crescita, ma nascosto, interno,che si può interpretare anche come un movimento di intro-versione, cioè di "rivolgimento dello sguardo all'interno"come si legge in diversi testi di Alchimia Interiore(Nei Dan), alla scoperta del proprio essere quel determinato uomo in un determinato momento. E, simile anche in questo all'affondare delle radici , non è immediatamente visibile, ma è fondamentale per la comprensione dell'Arte,per la stessa ragione per cui una pianta senza radici non può sopravvivere.  E' per questo che,senza una sufficiente padronanza dell'interno,non si può parlare con cognizione di causa di Arti Marziali Interne (Nei Jia Quan),perché se ne tradiscono tanto l'essenza quanto gli stessi meccanismi che ne regolano il funzionamento.Il muovere"fiorito"delle mani e delle gambe o lo sbatacchiare vistosamente il corpo come fanno in tanti è proprio come il germoglio di prima: insignificante. E inutile, almeno dal punto di vista delle Arti interne,perchè senza radici.

Gong indica, invece, un uomo che lavora la terra spingendo un aratro. Si tratta,certo, dell'ennesimo richiamo al carattere eminentemente agricolo della civiltà cinese e,di conseguenza, della sua forma mentis, ma è anche una ben precisa indicazione sulla natura della pratica cui ci dedichiamo. Pratica che deve essere come quella del contadino il quale, forte dell'esperienza di chi lo ha preceduto e della propria,vissuta vicinanza alla terra, sa cogliere i segni del cielo e del suolo, ed è capace di adattarsi al Ritmo che li regola.Una pratica, quindi, viva, lontana anni luce da metodiche da laboratorio,cucite addosso a corpi reificati, percepiti quasi più come cadaveri o manichini che non come esseri viventi in un preciso momento spaziale e temporale.

Frugare

Frugando tra gli scatoloni rimasti accatastati nel limbo delle cose da sistemare fin dal tempo del nostro ultimo trasloco, ne ho ritrovato uno, a dire il vero piuttosto bruttarello , con quella sua tinta giallastra da compositore tisico, e cosi' stracolmo da non essere nemmeno chiuso.
Tra tutti, in effetti, era proprio quello in cui non avrei voluto ( o dovuto, staremo a vedere) imbattermi, e che avevo riposto li' , in un angolo praticamente inaccessibile, in attesa del momento in cui avessi sentito l'esigenza di farmi un po' di male aggiuntivo.
Ma l'averlo rivisto mi costringe inesorabilmente ad affrontarlo, e a tirarne fuori quel che si e' salvato dal rogo cui a suo tempo decisi di condannare i miei scritti di adolescente, sputati dissennatamente sulla carta (senza nemmeno rileggerli) tra i quattordici e i vent'anni.
Liriche d'amore per ragazze e donne che non m'hanno mai degnato di uno sguardo, o che l'hanno fatto vedendovi unicamente cio' che han voluto, invettive rabbiose contro l'istupidimento generale che gia' allora mi rivoltava lo stomaco, bozze per un teatro di personaggi e parole in risposta allo strapotere dell' asettico intellettualismo...e praticamente a ciclo continuo, dato che, nonostante i miei poco allegri falo' qualche mano provvidenziale e' riuscita a salvarne addirittura uno scatolone bello pieno.
 Non so se stavolta si salverà qualcosa, ma so per certo che la prova dello specchio è sempre una delle più dure...

Ritorno di fiamma

Avevo ormai dimenticato cosa volesse dire non esercitarsi per un periodo superiore a un paio di giorni, cosa cambiasse nel corpo, nella percezione, nella testa.
Ma ciò che più di ogni altra cosa avevo dimenticato, è la gioia di risentire la Forza sgorgare dal ventre, e riempire gli arti, gonfiarli fino a farli quasi scoppiare...e bruciare...