20.9.19

Il palo e l'albero


A volte, una traduzione troppo letterale dei termini tecnici delle Arti Marziali può rivelarsi riduttiva e, nei casi limite, persino fuorviante. Questo avviene qualora la traduzione si riveli incapace di rendere fino in fondo lo spirito corretto col quale ci si deve accostare all'esercizio o al principio indicati, rendendo vani, o comunque assai meno proficui, mesi  se non anni di pratica.

Lo Zhan Zhuang è, senza dubbio, uno di questi casi limite.

Metodica di Qigong pressoché universale nei vari stili interni, di alcuni rappresenta il cuore stesso della pratica (Yiquan, alcune scuole di Xingyiquan), e consiste, semplificando non poco, nel mantenere per un determinato tempo alcune posizioni statiche, in primo luogo in piedi ma anche seduti o sdraiati .

Volendolo rendere in italiano, Zhan Zhuang dovrebbe suonare più o meno come "star piantati come un palo", ma purtroppo nei fatti finisce invece ad assomigliare piuttosto spesso all'idea dello "starsene impalati".

Questo avviene perché anche un metodo così sofisticato  per affinare la "presenza"(Shi) interna e scoprire il proprio corpo con le sue numerose interrelazioni fisiche ed energetiche, rischia di diventare inutile se non addirittura di trasformarsi in una vera e propria tortura, in particolar modo per i principianti, qualora ci si accosti all'esercizio con l'atteggiamento yi sbagliato, ossia in modo arido, meccanico e quantitativo, limitandosi fatalmente al suo aspetto superficiale e dunque "esterno".

Commettere errori di questo tipo è molto facile, specialmente all'inizio, quando la consapevolezza di cosa sia realmente la pratica interna porta ancora a cercare altrove quello che abbiamo proprio sotto il naso. Ma questo, di solito, è un problema che tende a sparire da solo, perseverando e ricevendo al momento opportuno le giuste indicazioni.

Ma queste indicazioni, che dovrebbero riguardare più l'atteggiamento psicofisico globale (ossia i rapporti corretti tra yi -qi-li), troppe volte vengono sostituite da generiche esortazioni a una  perseveranza vagamente asinina oppure da pretese di adeguamento a geometrie più o meno corrette ma rigorosamente codificate cui adeguarsi in maniera passiva.

Immagino non sia necessario ribadire come il rispetto delle corrette geometrie sia indubbiamente fondamentale nella fase di comprensione biomeccanica, ma allo stesso tempo è bene ricordare come tutto ciò non debba mai diventare una gabbia in cui soffocare la naturale crescita della percezione e della consapevolezza del praticante: in fondo, continua a sembrarmi assai più saggio guardare all'albero che cresce sempre in funzione della luce a cui tende anziché all'inerte palo...


15.9.19

Il Tai Ji Quan e la natura dell'acqua



Si sente dire che un'esecuzione corretta delle forme del Tai Ji Quan dovrebbe ricordare, agli occhi di chi osserva come al corpo di chi pratica, l'immagine dell'acqua e dei suoi molteplici aspetti.

Così, il fluire lento e ininterrotto da una figura (shi) all'altra potrebbe suggerire il placido serpeggiare delle anse d'un grande fiume nell'ultimo tratto di pianura, oppure rimandare all'inesauribile capacità plastica mostrata dall'acqua nell'assumere la forma dei più  svariati recipienti.

Oppure ancora, la sensazione di benessere diffuso che segue alla pratica intensa potrebbe suscitare il vago ricordo della frescura portata dall'esaurirsi d'un acquazzone estivo.

Tuttavia, questi ed altri consimili sono solo aspetti estrinseci, quasi triviali o comunque "visibili" della natura dell'acqua, la quale, invece, nel suo rapporto con il Tai Ji Quan tende a  presentarne ben altri, legati alla sua componente più oscura e pericolosa, quella abissale e "nascosta".

Non a caso, infatti, uno degli Otto Jin fondamentali è Ji (premere) , associato al trigramma Kan del Libro dei Mutamenti ( Yijing) il quale, appunto, si riferisce proprio all'acqua.

Ma di che natura è, precisamente, l'acqua che viene indicata da Kan? Kan viene definito l'"abissale", con riferimento non tanto all'insondabilità, quanto alla profondità, non disgiunta da una certa nozione di pericolo imminente ma vago e dissimulato da un'apparenza tranquilla e rassicurante.

 Cosa che, in effetti, vien rivelata dalla stessa conformazione del trigramma: Kan è caratterizzato da una linea intera Yang tra due linee spezzate Yin, quasi a ricordare l'enorme potenza che l'acqua cela dietro la sua apparente debolezza.

Ed è proprio questo l'aspetto della natura dell'acqua a poter essere collegato più correttamente al Tai Ji Quan, tanto che è possibile incontrarlo a tutti i livelli in cui lo si voglia considerare.

 Ad un livello estremamente generale, per esempio, si rivela nell'apparente, inoffensiva gentilezza dei movimenti, che ad un profano possono sembrare perfino estranei a ciò che comunemente viene definito "combattimento", mentre la reale potenza del Tai Ji Quan si rivela solo al momento del contatto con l'avversario, come pure la razionale efficacia (e spietatezza) delle sue applicazioni.

Anche il fatto di affidarsi alla Forza Interna (nei jin) piuttosto che a quella bruta, si riferisce allo yang nello yin, col corpo "morbido" fuori ma "forte" dentro, il che richiama immediatamente un'altra delle classiche immagini collegate al Tai Ji Quan, ovvero quella della sbarra di ferro avvolta nel cotone.

In definitiva, si potrebbe dire che il Tai Ji Quan come l'acqua riflette, dissimula e si adatta, mutando il proprio stato ma non la sua natura profonda e "abissale"...

13.9.19

Perché il Tai Ji Quan si pratica "lentamente"?

Perché il Tai Ji Quan si pratica "lentamente"?

Agli occhi degli addetti ai lavori, questa potrebbe senz'altro sembrare una domanda oziosa ma, data la frequenza con cui me la sento rivolgere
, credo sia opportuno spendere qualche parola al riguardo.

Innanzitutto, v'è da dire che si tratta di un fraintendimento, perché il Tai Ji Quan NON si pratica solo "lentamente",se non in particolari momenti del percorso di crescita del praticante e sempre per delle ragioni didattiche ben precise.

Infatti, essendo il Tai Ji Quan per definizione una disciplina basata sul mantenimento dinamico dell'equilibrio degli opposti (Yin\Yang,morbido\duro,lento\veloce,contrazione\espansione etc), quando ci si ritrova ad enfatizzare uno di questi  rispetto all'altro lo si fa unicamente in maniera estemporanea e strumentale al fine di comprenderlo meglio nella sua essenza(isolandolo) oppure per coglierne il "mutamento" nel suo opposto.

Il che vale a dire, in termini semplici, che la lentezza viene appunto isolata per comprendere il suo diventare rapidità, e viceversa. E questo non dovrebbe stupire, trattandosi di un tipo di didattica esperienziale e non nozionistica, il cui fine è la comprensione istintiva, non mediata dei principi trattati che divengono così "vivi" nella pratica.

Tuttavia, ciò non toglie che molti insegnanti in aperta malafede calchino volutamente la mano sull'aspetto della lentezza per mascherare le proprie manchevolezze in altri campi, ma questa è un'altra storia...

10.9.19





A breve ricominceranno le mie lezioni di Tai Ji Quan stile Chen, Xinyi dei 10 animali, Nei Gong e Qi Gong presso le sedi di Movimento E Fantasia.

Astenersi perditempo e creduloni ;)