19.1.14

Strapparsi





Basta poco a ricordarmi come il confine tra guarigione e compensazione sia tutt'altro che una faccenda di sfumature. E come ferite antiche, contorte e radicate nel corpo come pini su di un aspro pendio, sappiano a volte riportare indietro il tempo del cuore, mentre la nausea che strozza il respiro riesce di nuovo a scombussolare e confondere.


Come sempre, "sapere" le cose non basta, e nemmeno il tentare di tenersi in piedi a forza, in barba a tutto, perché scovare una briciola di pace tra ciò che il tempo ha contorto con tanta abilità e perfidia è per più d'un verso una faccenda titanica, nonostante a volte basterebbe accendere senza indugio il giusto Lume, e guardare.

Ma è una strana forma di ignavia, più che la paura, a voler lasciare irrisolto ogni conflitto doloroso, permettendogli così di insinuarsi tra le fibre e i tessuti, e trasformarsi a poco a poco in ossessione delle carni. E ogni ossessione, si sa, è un veleno silenzioso, che corrompe e imputridisce, senza concedere alcuna dissoluzione liberatrice, perché non è stasi, ma ingorgo.


Ci vuol parecchio, per accettare di non aver mai fatto abbastanza, e che, oltre ad aver il cuore e il fegato di tornare a denudare la ferita e risentirne quindi il morso o la vergogna, occorre quello d'affrontare quel che s'è fatto e non è bastato.


Ripercorrere per l'ennesima volta gli stessi passi, disseppellire quel che abbiamo tentato di negare affondandolo nella carne, e rivederlo, riviverlo affrontandolo di nuovo con la poca Saggezza che abbiamo acquisito, ecco l'unico modo per andare oltre e guarire, forse imparare, ma costa caro.Molto caro, e non a tutti è dato di resistere al sapore del proprio sangue, o all'odore della propria paura.

Ma non c'è scampo, nè scelta, perchè liberarsi è uno strapparsi a tutto, anche alla carne che si porta addosso, qualora diventasse d'intralcio...

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